Misteri di Google
Mentre il sempiterno PagerankTM di Google inizia a fare il suo dovere macinando riferimenti e contenuti relativi al libro, un amico mi ha fatto notare una cosa molto interessante, anche se preoccupante nella sua natura.
Usando infatti la parola chiave Pompili Andrea, i risultati della ricerca sono tutti concordi sull'autore del libro "Le Tigri di Telecom". Anzi esiste addirittura un omonimo autore di saggi i cui titoli si inseriscono tra i risultati forniti dal motore di ricerca.
Cercando invece Andrea Pompili la musica cambia. Nonostante proprio oggi siano passati due anni da quel lontano 31 gennaio 2007, sembra che per Google le cose non siano cambiate assolutamente. Tralascio i commenti di qualche blog meno misurato, ma i risultato sono tutti concordi sul manager (promozione sul campo affibiata da qualsi tutti gli interlocutori della vicenda: è interessante come il successo arrivi sempre quando non ti serve ;-) arrestato per le intrusioni informatiche ai danni di Rcs.
Forse a breve i risultati si raggiugeranno e avremo una situazione di par condicio tra profilo letterario e profilo giudiziario, nel frattempo ringrazio questo amico curioso per aver notato un aspetto a dir poco controverso proprio da parte del primo motore di ricerca mondiale.

Oggi Antonella mi ha scritto con entusiasmo la novità: finalmente è stata chiusa la copertina definitiva ed è stato pubblicato l'annuncio ufficiale sul sito di Stampa Alternativa (potete vederlo qui).
La quarta di copertina è stato un flash istintivo. La prima versione l'aveva scritta Marcello, bella ma un po' troppo Noir oriented. Mentre la leggevo ho avuto un'immagine: il direttore della funzione Corporate Legal Affair, un caffè fumante appoggiato sulla sala riunioni personale del suo ufficio di Milano, il discorso che chiariva al sottoscritto la verità secondo Telecom.
"Tre amici al bar". Potrebbe essere il titolo di un romanzo, in realtà era la spiegazione di tutto quello che era (o sarebbe) accaduto.
Immaginate la paura. La paura di finirci dentro. Perchè era chiaro che chi ci finiva dentro era finito. In tutti i sensi.
Forse è meglio non anticipare troppo, magari mi farò sfuggire qualcosa nei prossimi post.
Nel frattempo, per chi è interessato al libro e in attesa che arrivi la data dell'uscita ufficiale, riporto cosa fare per trovarlo disponibile presso il proprio libraio di fiducia: basta ordinarlo indicando il distributore nazionale di Stampa Alternativa:
PDE (Promozione Distribuzione Editoriale) Direzione nazionale: via Tevere, 54 - Loc. Osmannoro 50019 Sesto Fiorentino (FI) Tel. 055 / 301371 - Fax 055 / 301372

Revisioni finali
Venerdì è arrivata l'impaginazione finale del libro con le correzioni fatte dal revisore di bozze e da Marcello. L'ultimo intervento era necessario per motivi di spazio visto che il libro superava le 320 pagine ed era quindi un po' troppo voluminoso, commercialmente parlando.
All'inizio mi sono preoccupato: perchè un'altra revisione? Perchè non è stato chiesto a me di tagliare qualcosa? Perchè non ho saputo niente fino a oggi? Sarò paranoico, ma visto che ogni riga può diventare oggetto di giudizio o motivo di risentimento per gli altri, ho cominciato a temere il peggio.
In realtà poi ho scoperto che Antonella ha creato un ottimo scudo tra me e l'editore, evitando a tutti eventuali incomprensioni e stemperando adeguatamente problemi e punti di vista. Perchè, come giustamente mi ha spiegato, il libro alla fine l'ho scritto io e quindi deve contenere un po' della mia personalità. Se si inizia ad entrare sull'io l'avrei scritto così o io lo immaginavo invece così si rischia di farlo diventare un contenitore mio per concetti di altri. Marcello ha capito subito e in qualche maniera ha cercato di limitarsi a questioni stilistiche e formali con il solo obiettivo di risparmiare spazio e rientrare nelle pagine preventivate.
Sabato c'è stato comunque un momento di impasse. Rileggendo il testo così asciugato venivano fuori tutte le dimenticanze che ci erano sfuggite nelle precedenti revisioni, magari perchè precedentemente diluite in una serie complessa di periodi e arricchimenti.
Dopo le prime 180 pagine avevo più o meno altrettante correzioni: discretamente troppe rispetto al normale ciclo di chiusura di un libro.
Ho scritto ad Antonella in emergenza, preoccupato dell'ammontare delle cose da rivedere. Lei mi ha consiglaito di staccarmi dal testo e dalle correzioni per evitare di bloccarmi su me stesso.
Da un certo punto di vista aveva ragione: succede spesso che, dopo una creazione, l'artista tenda a non vedere i difetti e a rifiutare le correzioni altrui. Credo sia un problema di distacco: dopo qualche mese ti rendi conto che quell'idea che ti sembrava irrinunciabile e fondamentale non lo era minimamente, anzi era pure pensata male.
Forte del consiglio di Antonella ho scritto per ogni correzione il perchè ritenevo utile farla.
Un'idea semplice ma importantissima per limitare eventuali attaccamenti personali: pensando al motivo ci si rende subito conto di quanto il suggerimento sia più o meno futile.
Alla fine molte correzioni erano legate a problemi di forma grammaticale (tempi dei verbi, parole ripetute in una stessa frase, avverbi ridondanti) e logica (rafforzamento di determinate "deviazioni " del discorso, separazione tra periodi).
Nel mucchio c'erano anche un paio di frasi "ad effetto" utilizzate per chiudere alcune parentesi narrative: ho chiesto di reinserirle perchè le sentivo particolarmente mie. Spero che non ci saranno problemi a farlo.
Alle 2:16 di domenica mattina ho terminato il lavoro e ho inviato tutto alla povera Antonella, che proprio ora mi conferma la ricezione dopo uno stravolgente corso (incredibile, anche di domenica, instancabile e determinata). L'ho ringraziata di cuore. Spero abbia capito quanto apprezzo quello che fa.
Forse lunedì mi chiamerà anche Marcello per tranquillizarmi. In realtà non ce l'ho con lui, anzi ho visto che in alcuni passaggi ha avuto quel coraggio revisionista che io non ho mai avuto. Ora il testo scorre sicuramente più snello e lineare.
Vedremo poi quello che succede. Nel frattempo spero di non essere passato per il solito principiante paranoico e di aver contribuito a migliorare una creatura a cui comincio a tenere molto.

Buoni e cattivi
E' proprio vero che le parole possono acquistare un significato specifico in relazione a eventi importanti. Fino al 2006 tutti avevano un Tiger Team, il Tiger Team era figo, alla moda, talmente diretto da riassumere in due parole l'idea di un gruppo di professionisti affiatati e fuori dal comune.
Una delle tante conseguenze dell'affaire Telecom è stato proprio l'inquinamento di questo termine "puro", ereditato nientepopodimeno che dal jargon file, ossia la bibbia degli hacker.
Ora i tiger team non esistono più. Molte volte si chiamano "Red team", termine che è diventato più moderno e efficace, perchè quando accenni solo al vecchio nome la gente salta dalle sedie e corre a nascondersi.
E c'è pure qualche poveraccio che aveva utilizzato quel nome per la propria azienda: è il caso di www.tigerteam.it, un'azienda che si occupa di sicurezza e che ha deciso in tempi non sospetti di registrare proprio questo nome per presentarsi su Internet.
Ovviamente il sito non è passato inosservato:
"oggi leggevo qualcosa sul sito tigerteam.it la frase che mi è saltata all'occhio è stata.. "L'unico computer sicuro è quello spento". beh.. il tiger team dovrebbe essere sicuramente piu accorto.. e non sparare cazzate simili.. oggi il computer sicuro è spento, staccato dalla rete elettrica, telefonica, senza che abbia connessioni wireless, e che abbia monitor schermati.. ma come al solito quelli del tiger team (servizi segreti e fabio ghioni in primis) hanno dimenticato cosa sia la sicurezza per occuparsi solo di fregare email e controllare telefonate e computer desktop.. poveri noi se questo è il tiger team italiano.. qualsiasi lamerino ne sa piu di voi.."
Il post può essere visto qui.

Onore al merito, ma stavolta vorrei spezzare una lancia a favore del tanto bistrattato tiger team di Telecom Italia: quel sito non è mai stato loro.
Tralasciando quindi eventuali considerazioni sull'oggetto della contestazione voglio tranquillizzare i lettori che, almeno questa volta, il povero tiger team non c'entra niente.


Scrivere di una vicenda come quella Telecom è complicato. Non solo per l'eco mediatica creata dalla storia, ma soprattutto per il messaggio culturale e sociale che una narrazione di questo tipo potrebbe suscitare ai presunti lettori.
Il primo ostacolo è sicuramente l'essere parte integrante della storia: un'apparizione televisiva piuttosto che un libro evocano subito diffidenza nell'interlocutore. Non c'è niente di più classico della comparsata di qualche personaggio coinvolto in una storia o storiaccia che dir si voglia.
Il secondo è che non sei un addetto ai lavori: se sei un giornalista puoi appellarti al diritto di cronaca e, nel senso comune delle cose, è comunque normale che ti sia occupato di scandali, ipotesi e teorie anche se campate per aria. Per gli altri ogni iniziativa è quasi sicuramente inesperta, limitata e anche fuori luogo.
Poi c'è il problema del coinvolgimento personale, che può facilmente trasformare il testo in una sorta di autodifesa personale contro le ingiurie e le ingiustizie subite. Perchè in queste condizioni un individuo può scrivere un libro solo per due motivi: per vantarsi di quello che ha fatto e urlare al mondo le proprie capacità, oppure per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e vendicarsi di delatori e traditori.
In realtà, pensandoci bene, il lettore medio ha ragione. Perchè spesso ho letto libri che rispettano schematicamente tutti i canoni precedentemente illustrati: opportunismo, inesperienza e interesse.

Con queste premesse poco incoraggianti ho buttato giù le prime idee. Era la primavera del 2007, un periodo che potrei definire "di passaggio": da una parte la vergogna di farti vedere anche al supermercato, dall'altra il rancore verso una storia che, indipendentemente da come si fossero svolti i fatti, tu non potrai mai accettare. Si è vero: se avessi seguito il sentimento avrei tirato fuori la solita battaglia personale. Inutile per una vicenda in cui a nessuno interessa chi è colpevole o meno. Perchè l'evento è accaduto, tu ci sei dentro, e la tua versione dei fatti è comunque una delle tante: opportunista, inesperta e interessata.
Poi con Andrea abbiamo iniziato a parlare d'altro: di un messaggio culturale, di un'avventura che si è svolta in un particolare contesto storico, di un concetto che aveva delle aspettative ed è giunto a determinate conclusioni.
Molti hanno riassunto queste impressioni all'interno del principio: "tanto lo facevano tutti". Secondo me questo spiega la necessità, ma non ne definisce l'origine del bisogno e la sua evoluzione nel tempo.
Ed è su questa traccia che abbiamo strutturato il testo sin dall'inizio.
Prima gli albori della sicurezza aziendale in Italia: le scelte e delle sfide affrontate rispettando vincoli e interessi di mercato e come la sicurezza si è evoluta verso il problema della reputazione e delle relazioni con il mondo istituzionale.
Poi la natura di uno scandalo che avrebbe potuto aver luogo in una qualsiasi altra realtà aziendale. Perchè lo scandalo da' corpo ad un'idea che in fondo hanno già tutti. E' come dimostrare che i produttori di Anti-virus sono essi stessi che programmano i virus in circolo.
E infine come mediaticità e prassi giudiziaria abbiano grossolanamente tagliato una realtà molto più complessa e articolata di quello che è stato raccontato, soprattutto sulle conclusioni della vicenda: perchè normalmente ci si aspetta un cambio epocale, o una lezione per tutti i giocatori che svolgono lo stesso mestiere. Perchè invece il bello di questa storia è che non è successo nulla.
Tutto è rimasto come prima.

Su tutto questo è stato quindi costruito un libro: da una parte i fatti, dall'altra i personaggi, e in mezzo una storia "fuori dalle righe". Una storia fatta di uomini e decisioni che potrebbe non avere nulla da invidiare a un romazo letterario. Una storia basata su un movimento collettivo che, nel suo insieme, risponde a regole più sensate e comprensibili del classico "tanto lo fanno tutti".

Magari alla fine prevarrà il solito problema dell'opportunismo, dell'inesperienza e dell'interesse personale. E forse è per questo che ho un po' anticipato la chiave di lettura di questo testo: quasi come chi racconta una barzelletta e poi non si trattiene dallo spiegare il perchè fa ridere.

Voci da Wikipedia
Mi piace Wikipedia. E' incredibile quante definizioni impensabili possano essere trovate all'interno di questa immensa enciclopedia pubblica che vive di professionisti, pensatori, esperti e appassionati.
Tra le tante voci ci sono anche le biografie: più o meno complete ma abbastanza utili per capirne di più su determinati personaggi e sulle loro attività. Purtroppo anche sulla malafede e sulla faziosità di determinati autori.
Tempo fa Wikipedia ha riportato per qualche settimana un'informazione all'interno della biografia di Andrea Monti:
La sua immagine di "voce fuori dal coro" e di difensore delle libertà digitali è stata recentemente compromessa dalla sua scelta di difendere con tenacia Andrea Pompili, presunto pirata informatico coinvolto nello scandalo Telecom-Sismi
Tralasciamo l'aspetto personale dell'infelice dichiarazione: potremmo parlare di alcuni principi base della nostra costituzione, potremmo parlare di disinformazione e faciloneria, potremmo parlare di esagerazioni e anche di presunta diffamazione.
In realtà quello che più mi aveva colpito era la cattiveria e la tendenziosità dell'affermazione che non coinvolgeva me, ma una persona che è un mio amico e che, in virtù di questa amicizia, ha sempre voluto credere in me, mantenendo un'oggettività e una correttezza che ho visto raramente in altri professionisti del settore.
Ricordo quando ricevetti la prima visita a casa mia da parte delle forze dell'ordine, lui mi chiamò per altre ragioni proprio durante la perquisizione. Al nome sono tutti trasaliti: "Non ti farai mica difendere da lui? Lascia perdere! E' un (omissis) che tiene solo al suo onorario. Basta vedere la macchina che c'ha!".
Poi Andrea è diventato il mio avvocato. Io gli avevo semplicemente chiesto se era disponibile e lui ha fatto di più: ha immediatamente interrotto tutti gli altri mandati, che potevano entrare in conflitto con la mia posizione, e ha scelto di difendere solo me.
Con questo non voglio perorare la mia causa, voglio semplicemente spiegare perchè ci siamo trovati insieme. Perchè l'incauto autore di Wikipedia aveva ragione su una cosa: la tenacia. Anche se durante un'indagine preliminare è difficile essere efficaci, almeno quella l'ha sempre dimostrata, con quel misto di preoccupazione che ha reso tutto molto più umano.
Ma ora qualcuno vuole far diventare la sua scelta una croce. E questo non posso permetterlo, non nei confronti di un amico.
Fortunatamente qualche avventore si è reso conto del problema e ne ha tratto delle conclusioni molto interessanti qui. Anzi, ne è uscito qualcosa di più interessante, perchè l'autore di quell'inserimento lo ha fatto come anonimo da una connessione anonima. E poi qualcuno dice che siamo portati a pensare sempre male...

P.S. E' ad Andrea che in qualche modo devo l'opportunità di questo libro. Come? Ricordo ancora quel lontano 30 aprile del 2007. Ero appena sceso dal diretto Milano-Roma con il mio sacco nero da ex-galeotto quando mi chiamò per farmi sentire il suo entusiasmo: "Beh Andre' ora non ti resta che scrivere un libro". Mi prendi in giro. "No guarda, tu sai scrivere bene in italiano, se ti ci metti vedi che qualcosa di buono ne esce fuori". Vabbeh domani comincio a buttare giù qualcosa.

A volte ritornano
Stamattina ascoltavo l'epilogo di un altro dei processi mediatici che ci hanno tenuti incollati alle sedie per un'estate intera (almeno fino alla vittoria dei mondiali che, come la provvidenziale pioggia di manzoniana memoria, ha spazzato via ogni problema). Calciopoli termina in sordina, con un paio di condanne "dovute" a carico della famiglia Moggi (un anno e qualche mese).
Lucianone non manca neanche stavolta: "Una vergogna, hanno assolto la Gea e condannato i Moggi". Vero, perchè la rotativa delle assoluzioni ha girato rapida per la maggior parte degli indagati.
Il risultato suona strano, soprattutto se ripensiamo al terremoto mediatico propinato nel lontano 2006. E poi il nome: evidente omaggio all'illustre indagine che aveva piegato la classe politica italiana nel lontano 1992.
Esistono varie spiegazioni al fenomeno: la prima, oggi sulla bocca di tutti, grida al complotto istituzionale, il classico "inciucio all'italiana" che termina a tarallucci e vino delitti efferati caratterizzati da una immoralità generalizzata. Una specie di apprezzamento collettivo per un colpo così ben riuscito e per l'impegno dimostrato: in fondo siamo un popolo di ingegnosi navigatori.
La seconda è che dietro non c'era veramente nulla. O meglio, nulla dal punto di vista penale, se si esclude l'immoralità e la spregiudicatezza degli attori principali. La differenza che passa tra il truffatore che ti vende il Colosseo e la banca che ti promette lauti guadagni giocherellando in borsa.

Indipendentemente dal motivo, i Moggi si sono presi il loro scappellotto, faranno ricorso e magari rimedieranno un buffetto o verranno addirittura assolti. Buon per loro perchè non è di questo che volevamo parlare.
Perchè per loro il conto con la giustizia sarà comunque saldato.
Ma... attenzione: effettivamente non ci avevo fatto caso!!! Riprendiamo in mano la richiesta di rinvio a giudizio di Natale. Ma sì, ci sono anche loro, anche se stavolta tra le parti offese: e hanno già comunicato l'avvocato di fiducia!
Ma l’elenco delle persone sulle quali risultano svolti accertamenti abusivi di vario genere ... riassume un lungo elenco di nomi già venuti alla ribalta man mano che il gip Giuseppe Gennari scriveva le otto ordinanze di custodia cautelare chieste ed eseguite dai pm Fabio Napoleone, Nicola Piacente e Stefano Civardi.
Nell’elenco, che occupa oltre 200 pagine, figurano anche banchieri come Cesare Geronzi, imprenditori come Marcellino Gavio, manager come Enrico Bondi o l’ad di Enel Fulvio Conti, finanzieri esteri come Al Walid, esponenti di associazioni di consumatori come Carlo Rienzi del Codacons, il calciatore Bobo Vieri, Luciano Moggi, ...
(Corriere della Sera, 22 luglio 2008)
Sta a vedere che alla fine le multe affibiate ai Moggi le dovranno pagare gli indagati del processo Telecom!!!!

Please fasten your Seat belts
Nell'attesa che la grafica finisca il lavoro ci divertiamo a pianificare la promozione del libro. Il booktrailer lo trovate per ora in beta sul blog, in attesa di decidere in che maniera sfruttarlo per una buona pubblicità. Altre idee sono all'orizzonte: facebook sembra la via più interessante. Come ha detto un mio carissimo amico, parafrasando il film Guerre Stellari: "non sottovalutare la potenza di facebook".
Da un certo punto di vista sono un po' preoccupato: anche se diffondere un'informazione rimane un processo lento e complesso, facebook è riuscito in alcuni casi a creare un effetto valanga non controllabile indipentemente dalla notorietà dell'autore (come i facebook party che hanno avuto in alcuni casi oltre 4000 partecipanti e sono stati organizzati in pochi giorni).
Una possibilità che teoricamente potrebbe rendere un signor nessuno più popolare ed efficace di una star televisiva o conematografica. Una possibilità che, comunque, dipende da tanti fattori legati al periodo storico, alla moda del momento, agli interessi in voga, alla semplicità del concetto e all'impatto emotivo che questo può avere.
Tante variabili che possono orientarsi contemporneamente e favorire il flusso mediatico, oppure, come spesso avviene, rimanere inerti e rientrare nella visibilità media delle centinaia di contenuti pubblicati ogni giorno.
Nell'attesa di qualche azione facebook-oriented, sto stressando tutti i miei amici per seguire questo blog e aiutarmi a diffondere la notizia attraverso il sempre sano passa-parola. Un grazie a tutti coloro che hanno lasciato messaggi di incoraggiamento in questo spazio di rete. Un po' di calore serve sempre e aiuta spesso a non scoraggiarsi.
Oltre queste iniziative devo ammettere che sul resto sono un po' indietro. La magia di Internet, come si diceva qualche post fa, è l'immediatezza: creare gruppi, blog, post, contenuti e video promozionali è facile e consono al nostro essere. Mentre costruire incontri e eventi nel mondo reale, organizzare presentazioni nelle librerie o diffondere il messaggio attraverso i circuiti classici in modo che, alla fine, qualcuno il libro lo metta in vetrina mi sembra complicato, difficile e fuori dalla mia natura.
Non resta quindi che adattarci e sperare di essere altrettanto efficaci.

Si va in onda...
Da domani si ricomincia: scuola, lavoro - per chi ce l'ha - attività sportive, processi, notizie, progetti e chi più ne ha più ne metta.
In tutto questo bailamme ecco una buona notizia: il booktrailer è stato finalmente terminato.
Non sono riuscito a lavorarci in maniera continuativa, mea culpa, però credo che il risultato sia soddisfacente: una bella colonna sonora incalzante attraverso una sfilza di immagini e dichiarazioni che si rimandano una con l'altra per creare un cupo effetto "suspense".
Forse ho esagerato un po' nel montaggio - d'altronde è un booktrailer, non un trailer cinematografico vero e proprio - ma, quando con un tonfo secco appare il titolo del libro, l'effetto ci sta tutto, non c'è che dire.
Per ora ad Antonella è piaciuto, ora aspettiamo l'OK di Andrea e speriamo di andare presto in onda anche con questo.
Per i curiosissimi qualche anticipazione: ho deciso di cavalcare l'onda delle dichiarazioni libere che ha avvolto tutta la vicenda, quella confusione giornalistica che si era creata durante l'estate del 2006 e che era culminata con gli arresti di settembre e del successivo gennaio. Una specie di bazar mediatico formato da diverse voci apparentemente sovrapposte, ma in realtà orientate verso una storia: magari romanzata in alcuni punti, interrogativa in altri, ma comunque avvincente come uno di quei best seller americani che invadono le nostre librerie.
Protagonisti, domande, smentite, chiarimenti e prese di posizione si susseguono fino ad uno stanco Tronchetti Provera che si alza dalla propria sedia al termine del videomessaggio ai dipendenti trasmesso il 25 luglio 2006. Stop.
Inizia quindi una musica nostalgica che evidenzia il titolo a tutta pagina. E qui il tocco di classe: in lontananza si sente una voce al telefono, tipica degli inviati connessi con qualche strumento di fortuna nel bel mezzo di qualche scoop giornalistico. Racconta la storia dei presunti attacchi informatici, della guerra tra le spie, delle lotte di potere. Lo spettro nascosto che tutti si aspettavano di vedere.
Non vincerà l'Oscar, però è sicuramente un buon esercizio artistico...

Regali sotto l'albero
Ovviamente lo sapevano già tutti. Comunque la notifica della richiesta di rinvio a giudizio è arrivata tempestiva tra un panettone e un bicchiere di spumante.
Per chi ha avuto la fortuna di vederla si tratta di numerose pagine: ben 375.
Significative per una semplice richiesta di rinvio a giudizio.
Ma, tolte le prime pagine dove sono elencati imputati e avvocati, tolte le pagine relative agli atti depositati, tolte le oltre duecento pagine delle presunte interrogazioni illecite fatte sulla base dati SDI (la banca dati in dotazione alle forze di Polizia italiane) - secondo gli inquirenti a carico di uno solo degli imputati - tolti allegati e parti offese alla fine tutto si riduce a poco meno di una trentina di pagine. Se poi si accorpano i presunti reati per tipologia piuttosto che per parti lese la storia si sarebbe potuta riassumere in in poco meno di un decina di pagine.
Ovviamente non entriamo nel merito dei contenuti, per i quali sarà compito della giustizia italiana fare le dovute considerazioni, ma è interessante soffermarsi sulla forma, perchè l'effetto di una decina di pagine è molto diverso da un tomo di oltre trecento.
Tralasciando i "contenuti di procedura" da cui una notifica non può prescindere, perchè allegare, ad esempio, le oltre duecento pagine di interrogazioni alla SDI ?
Sicuramente mi sbaglierò, ma la cosa mi ricorda i bei tempi delle scuole superiori, quando per migliorare il tema si cercava si aumentare la dimensione ingrandendo la grafia o aggiungendo qualche fronzolo inutile qua e là. Perchè il professore giurava che la dimensione non era importante, ma i voti, a volte, testimoniavano proprio il contrario.