Ne resterà solo uno...
Potremmo anche crearci uno sport nazionale: "caccia al responsabile della Security". Il turno di questa settimana spetta al responsabile della sicurezza di Wind, apparentemente coinvolto per favoreggiamento nell'indagine relativa allo scandalo delle centrali turbogas calabresi e abbruzzesi (si sa, l'Abbruzzo ormai fa moda).
Come al solito parliamo di abuso di potere, legato sempre a quei dannati cartellini di traffico che i responsabili della sicurezza delle Telco si trovano a gestire. Perchè, come al solito, "l'occasione fa l'uomo ladro" ed è ormai prassi che, ogni tanto, il nostro paese abbia bisogno di ricordarsi che chi è deputato al controllo debba essere per forza inadatto a farlo.
La cosa più interessante è, come al solito, l'accostamento all'analoga vicenda in Telecom (anche se tanto analoga non è), al punto da titolare in alcuni casi "Cirafici il clone di Tavaroli" che riporta il singolo evento ad una dimensione molto più ampia, che potrebbe, per assurdo, riguardare tutto l'attuale panorama delle Security aziendali.
L'accostamento nasce da un'altra inchiesta, la Why not?, in cui l'allora sconosciuto Gioacchino Genchi crocefiggeva il responsabile Wind con due semplici righe:
“Gli aspetti più inquietanti dell’accertamento riguardano i rapporti telefonici di Cirafici con utenze nella disponibilità di Fabio Ghioni, Luciano Tavaroli e Marco Mancini”.
E' vero, il capo della sicurezza di Wind e Giuliano Tavaroli si conoscevano ed io ne sono stato testimone. Ed è anche vero che entrambi avevano in mente un modello molto interessante e, a mio parere, efficace per gestire problemi e vulnerabilità dei rispettivi asset aziendali: la collaborazione.
Sembrerà l'uovo di Colombo, ma collaborare in questo mondo è complicatissimo, ed è per questo che un molestatore su un sito di Libero continua a fare il bello e il cattivo tempo da una linea Fastweb, oppure qualche ragazzotto esuberante si diverte a spese di Telecom sfruttando qualche problemuccio sparso nei vari meandri di Vodafone.
Sono solo esempi ovviamente, esempi che spiegano quanto un po' di comunicazione e il fatto che, alla fine, "siamo tutti nella stessa barca", possano migliorare un mondo così difficile e ostile.
Grazie a questo spirito collaborativo era stato creato una specie di "famiglia professionale" che coinvolgeva Fastweb, Vodafone, Wind, Telecom, Albacom/BT, Tele2, ecc. ecc. Un gruppo di specialisti che aveva improntato una collaborazione proficua per definire regole e classificazioni comuni, canali di comunicazione privilegiati per il supporto in caso di incidenti o abusi, oltre che, semplicemente, conoscersi meglio.
Ovviamente oggi di questo non esiste più nulla. Gli operatori si osteggiano muro contro muro e i clienti ne fanno le spese con phishing, virus, attacchi e quant'altro esiste nel sottobosco digitale.

Personalmente credo che sia vero un concetto: la Security Italiana soffre della presenza (invadenza?) di graduati o presunti tali. E non tanto per motivi legati alle persone e al loro modo d'essere, ma per una semplice ragione di fondo: vengono da quegli ambienti, e non si può pretendere che si comportino o non subiscano pressioni analoghe una volta dismessa l'uniforme.
Comunque, dietro, c'è poi una persona, i suoi obiettivi e dei fatti.
Su questi ultimi il mio intervento. Magari la persona avrà sbagliato, magari sarà stata consigliata male, magari l'avrà fatto con intenzionalità. Però il problema è che si parla solo di questo e non del resto, perchè il resto non è utile o non è importante.

Resta il fatto che la Security italiana risulta sempre più inaffidabile e "interessata ad altro", incastrata nello stereotipo del militare dei servizi segreti con il vizio del gossip, fino a che, alla fine, i responsabili cadranno ad uno ad uno sotto i colpi degli scandali e delle leggerezze.
E mentre si occupano di avvisare politici o di darsi da fare per meritare un posto nel salotto buono, c'è chi ne approfitta e si guadagna un po' di notorietà con un semplice avvertimento sul loro sito principale. C'est la vie...