In attesa delle prove generali per il procedimento Telecom mi piace seguire le vicende più o meno intricate che tanto animano e dividono l'opinione pubblica italiana. Ultimamente sembra destare molto interesse la questione dei consulenti della Procura della Repubblica, problema figlio di quel metodo e quella capillarità investigativa fuoriuscito con il caso Genchi e con l'inchiesta Why Not?
In realtà gli addetti sanno che non c'è nessun "caso Genchi": un consulente a cui viene assegnato un incarico dalla Procura deve per forza analizzare e incrociare contenuti anche delicati provenienti da tabulati, trascrizioni, anagrafiche, log informatici e chi più ne ha più ne metta. Gioacchino Genchi doveva avere quei dati per proseguire sui quesiti posti dal magistrato titolare dell'indagine: si potrebbe obiettare su questioni di eccessivo zelo o accanimento terapeutico, ma anche se fosse così, la colpa non sarebbe comunque del consulente, ma forse di chi avrebbe richiesto e firmato i decreti di acquisizione per quella mole di dati.
Dal punto di vista tecnico sono quindi solidale con i consulenti della Procura, e non reputo assolutamente corrette le accuse che sono state mosse a Genchi e ai suoi metodi (tant'è che ho anche linkato il suo blog al mio), almeno non quelle per cui tutti si stanno scaldando.
Perchè credo che l'opinione pubblica stia puntando il dito sul problema sbagliato.
Primo problema: anche se non è sindacabile cosa faccia il consulente di tutte quelle informazioni, questo è vero finchè ha un mandato o c'è un'indagine in corso. Quello che accade dopo è avvolto nel mistero, o comunque legato alle responsabilità professionali del consulente stesso.
Con questo non voglio dire che esistano copie fuorilegge di dati o informazioni raccolte in sede d'indagine, ma è anche vero che alcune di queste hanno portato in mano ai consulenti migliaia di dati strategici e irraggiungibili in un contesto "naturale". Sono sicuro che al termine del mandato tutti avranno cancellato in maniera sicura i contenuti, ma si sa, l'occasione fa l'uomo ladro.
Secondo problema: il consulente è uno specialista tecnico, un professionista che analizza i dati a disposizione per rispondere tecnicamente alle richieste del magistrato. E "tecnicamente" significa "in maniera oggettiva", senza alcun commento o forzatura qualsiasi sia il ritrovamento.
Molte volte le relazioni tecniche sono invece arricchite da termini qualificanti come "preoccupante" o "inquietante", termini che rasentano il limite delle opinioni. Magari il magistrato è abbastanza intelligente da dividere i fatti dal calore investigativo del consulente.
Sicuramente questo aspetto ci riporta a un concetto fondamentale: le indagini sono sempre fatte da uomini. Bravi, professionali, intelligenti, perspicaci, ma sempre uomini.
Chi ci protegge dal dossieraggio tecnologico?
3 settimane fa
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