Non c'entra niente con le mie elucubrazioni mentali. Ma la notizia è comunque interessante, se non altro per il dibattito che ne è scaturito dopo...
Tutto comincia il 20 novembre, in uno dei tanti cinema dove si proietta «La Prima Linea», film tratto dal libro autobiografico di Sergio Segio. Tavaroli va a vedere il film. E in una intervista al Giornale, oltre a raccontare di essere stato lui - insieme a Marco Mancini, divenuto poi numero due del Sismi - ad arrestare Segio, nel gennaio 1983, critica apertamente l’immagine che il film dà dei terroristi: «Quello che è intollerabile in questo film, la falsità più grave, è questo clima sofferto, questa angoscia che precede e segue gli ammazzamenti. Invece era tutto il contrario. C’era l’esaltazione del militarismo e della violenza, si gasavano assassinando».
Sui gruppi di Facebook vicini a Segio inizia il brontolio. Ma il giorno dopo l’intervista di Tavaroli viene ripresa da Dagospia, sito assai diffuso di gossip alto e basso. A quel punto anche Segio reagisce: scrive a Dagospia attaccando pesantemente Tavaroli e la sua ricostruzione di quegli anni, e torna ad attaccare le colpe dello Stato. Tavaroli, dice Segio «dimentica, giusto per fare un esempio, l’11 dicembre 1980 quando il nucleo dei carabinieri antiterrorismo di Milano uccise i militanti delle Br Roberto Serafini e Walter Pezzoli, crivellati di colpi per strada, dimentica l’abitudine di alcuni di quel “mucchio selvaggio” dell’Arma milanese di portare gli arrestati sulla montagnetta di San Siro o sotto i ponti di zona Certosa per finte esecuzioni, secondo gli stili tramandati dai gorilla golpisti sudamericani».
Nel giro di una manciata di ore, l’attacco di Segio finisce su Facebook, e sul fondatore di Prima Linea piombano decine e decine di giudizi assai severi: «Purtroppo continuano a trovare chi dia spazio al loro delirio. Sono convinto che non siano cambiati di un filo e che siano ancora potenzialmente pericolosi». E via di questo passo.
Giuliano Tavaroli non rinuncia alla controreplica, e ieri mette su Facebook una statistica: «Nella nostra repubblica sudamericana (vista da Segio) dal 1969 al 1989 le vittime del terrorismo sono state 429 (di queste 199 in stragi), i feriti circa 2000; 77 delle vittime erano agenti di polizia, 27 carabinieri, 10 magistrati, 5 agenti di custodia, 4 guardie giurate». «E di terroristi - aggiunge ieri pomeriggio Tavaroli - quanti ne saranno morti? Una decina a dire tanto. La verità è che oggi finalmente scopriamo che Segio è un falso dissociato, ha usato la legge voluta dall’aborrito generale Dalla Chiesa per uscire dal carcere, ma è ancora lo stesso di allora. E il suo approccio verso chi non la pensa come lui ha ancora le modalità del processo proletario, quello che in genere si concludeva con un colpo alla nuca».
da "Il Giornale" del 28 novembre 2009
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