Caro Andrea,
Sì, sono “quel” Graziano Campi. Innanzitutto ti ringrazio per l’intervista che, a tua insaputa, chiude un cerchio iniziato esattamente tre anni fa. Era settembre 2006 quando scrissi il mio primo articolo giornalistico in assoluto, una lettera aperta indirizzata al Procuratore Federarle Luca Palazzi. In quella lettera anticipai lo scandalo intercettazioni.
Qualche settimana dopo iniziarono gli arresti in Telecom, come se per uno strano scherzo del destino la giustizia avesse deciso di restituire quanto tolto con le sentenze di calciopoli, o almeno io la interpretavo così.
Prima di allora, non era importante sapere chi fosse Graziano Campi. Non lo sarà nemmeno dopo questa intervista.
Quando ho trovato il tuo libro sullo scaffale di una libreria si è accesa una lampadina. La testimonianza di uno che dal di dentro aveva visto tutto, qualcuno che in un certo senso fosse in grado di spiegare cosa fosse successo. Non era importante sapere chi fosse Andrea Pompili, era importante leggere quel libro per vedere se c’era qualcosa che si potesse usare, un indizio, una confessione indiretta. Qualunque cosa che dimostrasse la mia tesi.
Dopo aver letto quel libro, sapere chi è Andrea Pompili è diventato importante.
Per tre anni il Tiger Team è stata la nemesi, la fonte del peccato originale e la spiegazione di ogni dubbio. Non c’erano persone dietro al Tiger Team, solo nomi. Nomi che servivano a dare un “nemico”, a giustificare la frustrazione per un profondo senso di ingiustizia.
Oggi, dietro ai nomi, ai pregiudizi, al desiderio di vendetta, c’è un quadro molto diverso e questo grazie al tuo libro.
Dopo averlo letto, penso che se si può scrivere che calciopoli è nata per colpa del Tiger Team, si può scrivere che sono stato io la causa del male del Tiger Team, ma in nessuno dei due casi si scriverebbe la verità.
Ma la verità, dopotutto, è un concetto relativo che si può ribaltare con un semplice foglietto anonimo.
Ogni azione genera una reazione e, come tu stesso scrivi, quando ci sono delle aspettative qualcosa deve succedere, altrimenti qualcuno dovrà rendere conto di quelle mancate aspettative.
Ecco allora che la differenza tra Tiger Team e Calciopoli scompare.
Deve esserci un colpevole.
Un colpevole per ogni frustrazione, per ogni fallimento, per ogni desiderio e per ogni interesse da tutelare.
E il primo interesse che viene sempre tutelato è il proprio: per far carriera bisogna sempre rispondere alle aspettative dei propri superiori e questo vale nel mondo dell’informazione, della security, del calcio. Ovunque.
Millantare e creare ad arte, costruire per rispondere alle esigenze dei propri clienti, i lettori.
E i lettori vogliono sempre qualcuno su cui scaricare la propria frustrazione.
Non vinco lo scudetto? Fuori il colpevole. Mi mandano in B? Fuori il colpevole. Perchè un colpevole ci deve sempre essere, ovunque e comunque. Perchè quel colpevole non posso mai essere io.
E quando proprio non si può evitare, insabbiare.
“Era una questione di tre amici al bar”, così ti raccontarono. Gli amici al bar erano quattro, non tre: un po’ alla volta ognuno è andato per la sua strada, come sempre accade.
E così se la teoria del Tiger Team era quella di creare un network di persone inconsapevoli, ecco che questa teoria non è nient’altro che la spiegazione di calciopoli, dello scandalo Telecom, e di tutto quanto accade quotidianamente in Italia: un insieme di organizzazioni composte da persone indipendenti che condividono un ideale e che ad ogni costo lo portano avanti, in nome di un senso di giustizia personale e privato, in nome di una verità che ci si è costruiti in casa, senza andare oltre il muro del proprio “sentimento popolare”.
Sei odiato? Ecco che il giornalista parte con articoli di fuoco, ecco che le prove appaiono improvvisamente ovunque, in barba al segreto istruttorio, ecco che i magistrati arrivano a firmare denunce e ad aprire fascicoli. Tutto in nome del sentimento popolare collettivo, che altro non è che il frutto di tanti piccoli desideri privati.
Finalmente l’abbiamo preso. Non importa come, ma l’abbiamo preso. C’era un colpevole, ci serve un colpevole, vogliamo un colpevole. Per questo sei colpevole.
Allora tutto diventa lecito, in calciopoli come quando si attacca un nemico durante un’operazione di security, secondo la teoria per cui bisogna essere più “sportivi” nell’interpretazione delle regole.
Per calciopoli questo significava cambiare i giudici prima del processo, istituire un processo senza testimoni, con prove parziali e selezionate e con una sentenza dichiaratamente in ottemperanza del “sentimento popolare”. Nonostante tutto, perchè lo vogliono tutti, si deve avere un colpevole. Perchè la giustizia sportiva può essere diversa da quella ordinaria, quando si vuole e serve.
Con voi non è stato diverso.
Eravate colpevoli? Certamente. Non si può negare che qualche sbaglio è stato fatto.
Era colpevole Moggi? Certamente. Non si può negare che qualche sbaglio lo abbia fatto.
Ma la pena, la giuria e la giustizia sono tutte fuori posto.
Tutte sono state mosse a seconda dei “desiderata” del popolo.
Per questo intervistarti è stato importante. C’era una voce che nessuno voleva ascoltare. C’era una versione che nessuno voleva sentire.
Perchè avrebbe distrutto ogni certezza, instaurato qualche dubbio e, soprattutto, avrebbe costretto ognuno di noi a guardarsi allo specchio.
John Elkann, Massimo Moratti, Silvio Berlusconi, Franco Carraro, Luca Cordero di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera, Lapo Elkann, Ruggiero Palombo, Carlo Verdelli, Luca Palamara, Romano Prodi, Francesco Saverio Borrelli, Giacinto Facchetti, Giampiero Boniperti, Guido Rossi, Cesare Ruperto, Fabio Capello, Antonio Giraudo, Andrea Agnelli, Piero Sandulli, Cesare Zaccone, Alessandro Del Piero, Francesco Totti, Marcello Lippi, Roberto Mancini, Gianluigi Buffon, Fabio Cannavaro, Marco Materazzi, Dejan Stankovic, Paolo Maldini, Luciano Moggi, Adriano Galliani, Pierluigi Collina, Antonio Matarrese, Giancarlo Abete… Tutti gli altri, politici, giornalisti, magistrati e avvocati, calciatori, allenatori, dirigenti. Tutti. Tutti e non dimenticatene neanche uno. Neanche i tifosi, di qualsiasi colore.
Tutti sanno cosa è successo. Nessuno è stupido. Tutti sanno che, indipendentemente dal fatto che Moggi e la Juventus sia colpevole o meno, giustizia non è stata fatta.
Quanti di loro avranno il coraggio di guardarsi allo specchio? Al massimo sosterranno che sì, forse, c’era anche qualcos’altro, che non si è fatta pulizia al 100%.
Al massimo sosterranno la loro verità, perchè in quella credono ed hanno bisogno di credere. Colpevolisti e innocentisti hanno tutti una verità che difendono.
Non so quanti di questi ammetteranno che non tutto è stato chiarito. Ma se tutti fossero disposti ad ammetterlo, perchè non si è fatta più pulizia? Perchè le regole non sono state riscritte? Perchè i dubbi ci sono ancora?
Chi si prende la responsabilità di questo silenzio? Chi è che ha il coraggio di dire che adesso è tutto a posto? Chi ci mette la faccia quando si deve dire che giustizia è stata fatta?
Per chi aveva bisogno di un colpevole e di una condanna, la missione è da ritenersi compiuta: il popolo è soddisfatto. Quasi tutto, almeno, mentre chi manca prima o poi se ne farà una ragione: il tempo passa per tutti.
Forse un giorno ci sarà una controcalciopoli, forse ritorneranno gli scudetti. In galera di sicuro non ci finirà nessuno. C’è il reato ma non ci sono colpevoli.
“Resistere, resistere, resistere!” è diventato “Insabbiare, insabbiare, insabbiare!”.
O qualcuno di quelli che ho citato ha il coraggio di dire che giustizia è stata fatta?
Nessuno si guarderà in faccia e ammetterà che la montagna in realtà ha partorito il topolino sotto il naso del viandante per evitare di essere vista e continuare così a fare i propri comodi, perchè la storia così è troppo lunga e ci sarebbero troppe spiegazioni da dare. Meglio che tutto finisca come quattro chiacchiere da bar.
Meglio non guardare cosa c’è sotto al sepolcro appena imbiancato. Meglio che tutto finisca qui.
E’ stato così quando si è deciso di spostare l’attenzione sul Tiger Team piuttosto che sugli interessi che lo muovevano, è stato così quando si è deciso di spostare l’attenzione su Calciopoli piuttosto che sugli arresti eccellenti nel mondo dei servizi segreti per lo scandalo intercettazioni abusive, è stato così quando si è deciso di puntare il dito contro la sola Juventus quando tutto il calcio era marcio fino al midollo.
Era quello che il mondo voleva: un nemico. Il più facile da colpire, il più facile da usare per distrarre l’attenzione: questo gli è stato dato. Moggi, Calciopoli, il Tiger Team non sono stati altro che strumenti di distrazione di massa. Adesso si può dimenticare tutto. Si può cancellare Calciopoli.
A meno che qualcuno degli uomini che ho citato abbia il coraggio di dire che il calcio deve essere ancora cambiato, anche a costo di rinunciare ai propri interessi personali. A meno che anche noi pretendiamo che qualcosa cambi prima di dire che tutto è stato cancellato.
Nel tuo libro tutto questo è inconsapevolmente descritto in maniera perfetta, attraverso quelle che sono le dinamiche operative del gruppo. “Vincere perchè non si può perdere”, questo in sostanza l’obiettivo.
E lo stesso obiettivo è stato condiviso da chi ha attaccato voi, calciopoli, e tutto il resto. Un network di giornalisti, politici, magistrati, avvocati e quant’altro, tutti incosapevoli della causa scatenante, tutti inconsapevoli di far parte di un grande moto collettivo, ma tutti pronti a fare qualsiasi cosa pur di dimostrare di avere ragione, di aver trovato la causa del male.
Nessuno di loro è l’unico colpevole. Nessuno di loro è un colpevole consapevole, o almeno lo spero e lo voglio credere, pur sapendo per certo che qualcuno in tutto questo ci ha guadagnato ed è contento sia andata così. Faccia un passo indietro se vuole smentirmi. Dimostri che non è stato il “sentimento popolare” a guidare i processi e le condanne. Chieda che si rifaccia il processo secondo dei criteri oggettivi e non in base a poche prove mirate e selezionate.
Quando i giudici di Napoli hanno teorizzato la “Cupola” del calcio, non sono stati capaci di guardare aldilà del topolino. Non si sono accorti che il calcio stesso è “Cupola”, dove ognuno difende un interesse e scarica la frustrazione per l’insuccesso su altri, piuttosto che su se’ stesso. “Serve un colpevole e un colpevole vi abbiamo dato, adesso vedetevela voi”. Questo il messaggio delle sentenze della giustizia sportiva, mentre a poco a poco tutti gli accusati, tranne uno, ritornavano ai loro posti. Beatrice e Narducci non sono stupidi, e questo l’hanno capito da tempo, ed ora cercheranno di salvare il salvabile, attraverso le mille vie della giustizia italiana. Si è già visto e sentito più volte, e il processo GEA a Roma ha già dato un’indicazione in tal senso.
Calciopoli ci porta a un bivio: se è esistita, non tutti i colpevoli sono stati trovati. Se è così, non si può cancellare.
Qualcuno deve rendere conto di questo silenzio, delle assoluzioni e delle prescrizioni. Altrimenti non ci si può guardare allo specchio. E’ una questione di coscienza, non di colpevolezza o innocenza.
Non ti ho chiesto per che squadra tifi, non ti ho chiesto se avete mai fatto sparire qualche intercettazione scomoda o se fosse possibile farlo: non è importante. Nessuno comprerebbe un barattolo di marmellata aperto: per quanto mi riguarda è più che sufficiente sapere che si poteva accedere alle intercettazioni. Sapere se qualcuno è stato beccato con le dita nella marmellata non è importante: il barattolo era comunque aperto.
Allo stesso tempo, sapere “da che parte stai” non importa, perchè in tutto questo sono accadute cose che sono troppo più grandi del calcio.
Calciopoli e lo scandalo Telecom non appartengono al mondo del calcio. Appartengono alla storia d’Italia e alla sua coscienza.
Per conto mio, questa era soltanto la mia storia, la mia calciopoli, il mio Tiger Team.
Adesso ho tutte le risposte che ho cercato, anche qualcuna in più di quelle che mi aspettavo, che è bene resti al momento sotto silenzio.
Questa è la mia storia, e sono contento di non averla finita prima di aver letto la storia di Andrea Pompili e il suo libro.
Perchè così mi sono potuto guardare allo specchio e so che non mi devo vergognare. Perchè adesso ho il coraggio di dire che Calciopoli non è chiusa, che giustizia deve ancora essere fatta. Perchè troppa gente ha pianto, e ancora non sappiamo chi o cosa è stato la causa di tutto questo.
Ti ringrazio per quel libro stupendo, e ti ringrazio per aver accettato, nonostante tutto, di rispondere alla mia intervista.
Graziano Campi (dal suo blog nella sezione Campi Minati)
1 commento:
buona sera. io voglio solo la verita e basta
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