Frammenti
Dall'Atto V del libro "Le Tigri di Telecom". Buona lettura.

L’ANNO DELLA TIGRE


Si dice che il 2005 sia stato l’anno peggiore per la security di Telecom Italia. Da un certo punto di vista, fu una specie di terremoto che scardinò tutti i progetti e le certezze del clan di Tavaroli. Prima gli articoli ammiccanti sull’“Espresso” e “La Repubblica” e poi la famosa perquisizione del 3 maggio che sgomentò i ranghi che avevano sempre osannato l’invincibile capo.
Si narra che dopo la perquisizione ai danni di Giuliano Tavaroli, nell’ufficio milanese di via Victor Hugo si scatenò una vera e propria psicosi collettiva: documenti, dischi, nastri, addirittura interi computer vennero tritati e disintegrati, vittime dei sensi di colpa e dei “non si sa mai”.
Alcuni dirigenti si scambiavano battute augurandosi di finire almeno in celle vicine. Altri si affrettavano a chiedere il wiping completo delle proprie postazioni informatiche. Altri ancora pretendevano la distruzione di tutto ciò che era stato anche solo toccato da quegli scomodi personaggi coinvolti nell’inchiesta.
Non rammento se prima o dopo la perquisizione subita da Giuliano TAVAROLI nel mese di maggio 2005, su esplicita indicazione di Fabio GHIONI, buttai via le cartelline degli elaborati di BERNARDINI per non avere nulla che riportasse ai nostri rapporti con la GLOBAL, dopo aver fatto la verifica con le richieste di pagamento avanzate dall’agenzia investigativa con richiesta scritta (una cosa analoga avvenne alla fine del 2005, forse inizi del 2006, allorquando io comunicai al mio responsabile GHIONI di avere nella cassaforte del mio ufficio circa 10 fascicoli consegnatimi da Giuliano TAVAROLI ad agosto del 2004 al fine di custodirli. I fascicoli in questione, almeno quelli che ho aperto, erano relativi ad elaborati della GLOBAL e della POLIS D’ISTINTO. Alla mia richiesta circa l’uso da farne, Fabio mi disse di non conoscere nessun fascicolo e di conseguenza di distruggerli. Diedi corso a tale disposizione e per tale motivo non conservo più nulla).
C.P. dall’ordinanza del 23 marzo 2007
Tra le chiacchiere di corridoio ne ricordo una sull’“Operazione Pira”, pagata circa milleduecento euro il 3 marzo 2005, cioè poco prima della perquisizione di Tavaroli. I più maliziosi associarono subito l’oggetto della fornitura alle gigantesche torri di legno che venivano bruciate dai greci per onorare i propri defunti.
“CON UNA TANICA DI BENZINA HO BRUCIATO I SEGRETI DEI VIP”
MILANO - L’ex capo della sicurezza Telecom, Giuliano Tavaroli, l’intoccabile, l’uomo senza limiti di spesa e senza nessuno al di sopra di lui, tranne il presidente Tronchetti Provera, quando arriva alla guida della security aziendale decide una nuova gestione dell’ufficio: ogni dossier riservato, subito dopo l’utilizzo, deve essere distrutto, bruciato. A svelare il maniacale metodo di distruzione dei documenti è uno degli indagati, che racconta di un’operazione segreta in una cava a Milano, a pochi passi dal terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa. Marco Bernardini è il primo nome della lista dei 20 finiti in manette fino al 25 luglio scorso, si “salva”, accettando di raccontare ai magistrati il suo lavoro “sporco” per conto di Telecom e Pirelli. La richiesta d’arresto a suo carico viene così ritirata l’11 settembre. Le sue dichiarazioni sono raccolte in nove pagine fitte dell’ordinanza di custodia cautelare. Un episodio è particolarmente interessante e secondo il GIP spiega anche perché “la polizia giudiziaria non ha trovato né presso Telecom, né presso Pirelli, traccia delle attività svolte dagli investigatori privati”. “Nel novembre 2004 mi telefonò M. R. della Pirelli e mi disse che bisognava distruggere tutti i documenti in mio possesso – racconta ai magistrati – io noleggiai un furgoncino e mi recai a caricare il materiale per portarlo insieme con la donna che mi aveva chiamato e un’altra persona in una cava nei pressi di Malpensa utilizzata dalla polizia per far brillare gli esplosivi”, cioè per le bombe inesplose della seconda guerra mondiale. I dossier pericolosi, quelli sui De Benedetti, i Della Valle, i Benetton e gli altri uomini dell’alta finanza dovevano essere distrutti, fatti esplodere, come un vecchio ordigno: “Cosparsi di benzina il materiale e lo bruciai. Erano i report di Cipriani e in qualche caso quelli della società per cui io lavoro”. Bernardini ricorda che molti dossier erano gemelli, cioè fatti dall’una e dall’altra società di investigazioni, forse per avere un maggior controllo. In ogni caso, come deciso da Tavaroli, tutti i dossier sarebbero stati cancellati in uno spettacolare rogo.

La Repubblica, 22 settembre 2006

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